Raccontare con le immagini

Giovedì 1 novembre 2018 | Andrea Sivilotti

Mettiamo subito in chiaro una cosa,
per raccontare storie, bisogna avere storie da raccontare.

Fatta questa doverosa premessa posso cominciare a parlare del come si possa raccontare una storia per immagini.

A seconda della sensibilità e dell’attitudine di ogni singolo, le storie possono essere raccontate in modi diversi; partiamo dal mezzo di comunicazione che vogliamo usare.

Escludo a priori la foto singola come espressione di un concetto o di un vero e proprio racconto; sono veramente rari gli artisti che nella storia della fotografia, sono stati capaci di fermare con uno solo scatto, momenti così speciali, da rendere l’immagine esaustiva e unica.

Perciò vediamo le altre casistiche:

  • Solo immagini in sequenza;
  • Immagini corredate da testi brevi descrittivi;
  • Un testo principale dove le immagini sono inserite a compendio.

Primo caso, solo immagini in sequenza.

Si può raccontare una bella storia anche attraverso una sequenza di immagini ben organizzate. È fondamentale che la scelta delle immagini, e del loro collocamento nella sequenza del racconto, segua un filo logico semplice e di chiaro impatto sull’osservatore.

Può essere una sequenza cronologica, le immagini anche se scattate in momenti diversi, saranno presentate in ordine temporale, ad esempio:

  • immagini che descrivono momenti della giornata: alba, mattinata, pomeriggio, tramonto, e così via;
  • immagini che descrivo momenti della vita: maternità, nascita, infanzia, ecc.
  • immagini che descrivono le tappe di una giornata lavorativa: sveglia, vestizione, colazione, mungitura, pascolo, ecc.

Relativamente al numero di fotografie necessarie per dare una logicità al racconto, non vi è una vera e propria regola, dipende da tanti fattori, solo per citarne un paio: dalla peculiarità nel modo di fotografare dell’autore, oppure dalla tipologia del soggetto scelto.
Di fatto ci dovranno essere abbastanza immagini così da evincere al volo il senso del racconto, e non troppe da confondere, o ancor peggio annoiare l’osservatore.

Generalmente nelle esposizioni amatoriali, specialmente quelle collettive, per questioni di spazio o per accontentare troppi fotografi, si finisce per vedere esposte sequenze di immagini che non danno una reale continuità al racconto.

Negli album sul web, al contrario, si notano spesso sequenze con un numero esagerato di immagini, buona parte delle quali inutili e dannose, in quanto troppo simili le une alle altre.

 

Secondo caso: immagini corredate da testi brevi descrittivi.

Alcuni “puristi” denigrano questo genere di racconto fotografico, in quanto a loro dire le immagini devono spiegarsi da sole, altrimenti non sono buone fotografie.

Personalmente dissento da quest’affermazione poiché ci sono racconti e racconti, storie e storie, e a volte il testo a fianco della fotografia aiuta l’osservatore ad inserirsi nel contesto in cui è stata scattata.

Il testo non deve spiegare ciò che il fotografo voleva rappresentare, perché quello in effetti, lo dobbiamo trovare nell’immagine, il testo semmai ci deve aiutare a ricostruire il momento dello scatto, le energie che percorrevano i luoghi e i soggetti rappresentati nell’immagine, lo stato d’animo di colui che ha premuto il pulsante di scatto.

Il testo accompagnatorio è altresì fondamentale per collocare l’immagine nello spazio e nel tempo. Il luogo, la data e magari anche l’ora, sono dati fondamentali.

I testi possono essere legati ad una singola immagine, ad un gruppo di immagini, oppure possono fare da introduzione e accompagnamento del racconto fotografico.
Chiaramente sto parlando di “testi”, e non di “titoli”, quello è un argomento a se stante.

La scelta dei titoli è un aspetto altrettanto delicato, che va pensata bene in fase di organizzazione della sequenza.
Se sono già presenti dei testi accompagnatori esaustivi ad esempio, il titolo della fotografia non è nemmeno necessario, oppure potrebbe indicare solamente la collocazione temporale, al limite un titolo breve potrebbe suggerire una chiave di lettura (Pausa, Pensieri, Paura, ecc.).

In diverse occasioni mi sono ritrovato a leggere a bordo di immagini alquanto banali, dei titoli del tipo: “Rappresentazione inconscia di un pensiero astratto nella fenomenologia dello spirito che trascende…”, ma per favore! Subito m’è tornato alla mente il film “Vacanze intelligenti” con il mitico Alberto Sordi, quando i due “fruttaroli” Remo e Augusta vengono spediti dai loro figli alla Biennale di Venezia, immersi in una moltitudine di pseudo-intellettuali chic, presissimi nel commentare opere d’arte moderna più o meno con concetti simili.

In questo tipo di racconto le immagini pur dominando sui testi, sono inscindibili dagli stessi, e come la voce del narratore fuori campo nei film, i testi accompagnano l’osservatore lungo il percorso fotografico.

 

Terzo caso: un testo principale dove le immagini sono inserite a compendio.

Questo caso ci fa ricordare l’origine del “Reportage”. In principio i fotografi di reportage viaggiavano assieme ai giornalisti con lo scopo di realizzare immagini emblematiche, necessarie a corredare i racconti scritti, rendendoli più accattivanti e veritieri.

Ecco allora che le immagini che andremo a produrre, e quindi a inserire qua e la nel testo del racconto, dovranno far soffermare l’osservatore su alcuni dettagli, quasi per dargli dei punti di riferimento o per stuzzicargli il senso della vista e quindi dell’immaginazione, lungo il viaggio tra le parole.

Si può partire dal testo di un racconto per scattare le immagini relative, oppure si può partire da una serie di immagini per scriverci sopra un racconto scritto, a scelta.

Io sono un gran sognatore, e quando girovago per le strade con la macchina fotografica in mano, i miei pensieri corrono e si rincorrono intrecciandosi in racconti e storie improvvisate, o condizionate da ciò che vedo e osservo.

Per questo generalmente, preferisco confezionare una sequenza fotografica, e solo in seguito, rifacendomi ai sogni e le storie vissute durante le riprese, scrivo una storia o dei testi che accompagneranno o saranno accompagnati dalle stesse immagini.
Le immagini a corredo di questo post per esempio, sono state prodotte durante una calda estate moscovita, in uno dei tanti e fantastici parchi della città.

Faceva veramente caldo, la gente cercava di ripararsi sotto agli alberi, mentre i ragazzi non perdevano l’occasione per divertirsi a suon di secchiate d’acqua e bagni nelle fontane.

Volevo sottolineare come nonostante la rigidità nella tutela dei luoghi pubblici, e la severità da parte degli organi preposti, verso coloro che attentano alla sicurezza delle persone, in certe occasioni venga concessa un’enorme libertà di movimento così da consentire, come in questo caso, il divertimento dei più giovani.

In Italia i migliaia di divieti esistenti, il poco senso civico e la grande insofferenza verso il prossimo, non consentirebbe mai simili manifestazioni allegre e pacifiche.
In Italia siamo specializzati negli eccessi, nella violazione dei divieti e nell’intransigenza nei confronti di chi occasionalmente esce moderatamente dagli schemi.

Ho girato almeno due ore in mezzo agli spruzzi e alle secchiate senza che nemmeno un goccio mi colpisse. Era un gioco solo tra chi era disposto a farsi bagnare per bagnare a sua volta gli altri.
La milizia sempre presente, teneva tutto sotto controllo, e nessuno ha danneggiato nulla, e nessuno s’è fatto male.

Ho girato, scattato, atteso, scattato, mi sono nascosto, mi son fatto notare, ho interagito e questo è quello che ho deciso di mostrarvi.
Buona visione.

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