Perché ci si approccia alla fotografia?
Domenica 23 ottobre 2022 | Andrea Sivilotti
Un quesito che pochi si pongono.
Ogni persona che inizia a frequentare il mondo della fotografia dovrebbe porsi almeno una delle seguenti domande:
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- Perchè sento il desiderio di fotografare?
- Cosa mi spinge a scattare fotografie?
- Qual è il vero motivo che mi porta a congelare degli istanti?
- Cosa mi aspetto dal fare fotografia?
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È proprio dalle semplici o banali risposte che il principiante riuscirà in qualche modo a dare, ad uno o più di questi quesiti che avrà modo di intravedere i segnali e gli indizi, necessari per poter meglio definire verso quale tipo di fotografia debba preferibilmente indirizzarsi.
Troppo spesso ho visto persone buttarsi nel magnifico mondo delle immagini, senza un’idea precisa, senza seguire un benché minimo percorso interiore, così tanto per fare o perché era di moda, oppure per seguire un amico/a, o addirittura semplicemente per impegnare il tempo libero.
Queste persone, per il 90% dei casi, hanno abbandonato la fotografia nel giro di poco tempo.
Generalmente erano quelle stesse persone che buttatesi a capofitto, avevano investito migliaia di euro o milioni di vecchie lire, in attrezzature che non sapevano nemmeno usare.
Lo si legge spesso nelle riviste del settore, alcune delle domande preferite del neofita invasato, sono quelle di chiedere:
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- Con “quale” macchina fotografica scatti?
- Che attrezzatura usi?
- Meglio Canon o Nikon?
- Che zoom usi?
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Queste affermazioni le faccio con la piena coscienza di chi, purtroppo, ci è passato da questi stupidi quesiti e pur se oggi mi vergogno un po’ di esser stato così superficiale, ringrazio i maestri che all’inizio della mia avventura fotografica hanno saputo consigliarmi e indirizzarmi.
Ecco perché dedico tanti post ai neofiti, per poter trasmettere qualche buon consiglio ed aiutarli, in primis, a trovare la propria via nel mondo della fotografia.
Non posso esimermi dal ricordare l’incontro con un famoso fotografo tedesco che, durante l’inaugurazione di una sua mostra in occasione della manifestazione: “Spilimbergo Fotografia” di tantissimi anni fa’, ammirato dalla naturalezza delle sue immagini, scattate all’interno di bar e osterie, ad avventori spesso inconsapevoli di essere ritratti, gli porsi la fatidica domanda:
“Mi scusi, ma con quale macchina fotografica e obbiettivo riesce a scattare immagini così chiare in ambienti così bui?”
Lui sorrise come chi sa di aver incontrato un altro neofita impacciato che pensa che la fotografia la faccia la macchina fotografica e non il fotografo. Sfilò dal taschino una macchinetta compatta a pellicola, una Olimpus Miù II, una cosetta do poche centinaia di mila lire e mi disse:
“Ecco l’attrezzatura con cui ho scattato le foto in mostra.”
Prese la macchinetta, l’accese, impostò l’autoscatto e la pose sui bordi superiori del suo bicchiere di birra che ancora mezzo pieno era appoggiato al bancone del bar; la orientò verso un signore che stava bevendo poco vicino a lui e schiacciò il pulsante di scatto.
“Non fossilizzarti troppo sull’attrezzatura, concentrati su ciò che vuoi fotografare e scatta con ciò che hai, almeno così non perderai le tante occasioni buone che il mondo ti presenta d’avanti, sempre nell’attesa di avere in borsa, “quella” determinata macchina fotografica o “quel” determinato obbiettivo.”
Sono consigli che spiazzano.
Il principiante, guardando le proprie fotografie e confrontandole con quelle di altri fotografi più bravi di lui, tende a cercare sempre delle giustificazioni, il più delle volte semplici o banali, andando quindi ad imputare al corredo fotografico il pessimo risultato del suo lavoro. A volte, per particolari tipologie di ripresa, l’attrezzatura può influire fortemente sui risultati, ma in generale si deve partire dal presupposto che è l’abilità e l’estro del fotografo a produrre immagini, più gradevoli o di maggiore impatto.
Tornando quindi al quesito di partenza, i motivi per cui una persona si immette nel cammino fotografico possono essere innumerevoli, ma generalmente si riconducono ad una serie di desideri abbastanza comuni.
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- Desiderio di emulazione dei grandi fotografi.
- Desiderio di esprimere il proprio talento artistico.
- Desiderio di raccontare storie.
- Desiderio di lasciare delle tracce del proprio passaggio.
- Desiderio di lotta contro le ingiustizie o contro l’indifferenza.
- Desiderio di emergere.
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A dir il vero dovrei aggiungere anche:
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- Desiderio di fare soldi
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ma di questo genere di persone non voglio nemmeno parlare; come disse un mio maestro, fotografo professionista:
“Andrea non aprire mai un’attività di fotografo. Se lo farai, sarai costretto, per portare a casa il mese, ad accettare qualsiasi tipo di lavoro fotografico, anche quelli che oggi detesti e soprattutto, dovrai produrre immagini commerciali, che piacciano ai clienti, non quelle artistiche che piacciono tanto a te e delle quali vai maggiormente orgoglioso. Così facendo, pian piano, come cresceranno i tuoi guadagni, diminuirà la tua passione. Se invece rimani nella passione e la coltivi per bene, può darsi che il successo arrivi lo stesso e allora a quel punto nessuno condizionerà più di tanto le tue scelte artistiche, perché sarai tu a dettare le regole.”
Sono tanti i fotografi che sono diventati tali, dopo essere rimasti impressionati dalle immagini scattate da qualche grande maestro del passato, o perché no, anche da un maestro contemporaneo. Da lì poi, come si dice: “il primo amore non si scorda mai” e per molti inizia un percorso di inseguimento delle tecniche e dello stile del fotografo amato.
L’emulazione di un grande fotografo non è sbagliata, sempre che venga fatta con l’intento di studiare e metabolizzare una maniera di far fotografia, per poter nel tempo adattarla e personalizzarla alla propria visione, andando così a costituire uno stile personale che ovviamente trova ispirazione nel grande maestro.
L’emulazione fine a se stessa, ovvero finalizzata a riprodurre paro, paro le immagini scattate da altri, non porta a nulla di costruttivo ed educativo per il proprio accrescimento artistico.
Vi è spesso anche il desiderio di far emergere un talento pressante che sentiamo dentro di noi, ma che non riusciamo a canalizzare nel modo corretto. Diventa pertanto molto importante districarsi bene nei tanti indirizzi fotografici esistenti, onde poter trovare quello più adatto a noi, quello che non solo fa esplodere il talento nascosto, ma che faccia in modo che lo stesso venga alimentato costantemente dall’attività fotografica.
Ci sono poi persone che sentono dentro di loro la necessità di raccontare ad altri delle storie, ma il più delle volte non riescono, attraverso la lingua parlata o quella scritta, ad esprimere tutte le sfumature ed i dettagli che nella loro mente colorano e riempiono la storia immaginata o vissuta. La pittura o la fotografia a volte consentono a queste persone, di raccontare nei minimi dettagli tutto ciò la loro fulgida mente produce.
Per altri ancora è fondamentale fare in modo che la storia non sia solo raccontata con le parole, ma che ad esse si affianchino immagini chiare che possano congelare dei momenti storici significativi. Per molti fotografi è importante documentare il momento, gli eventi contemporanei per registrarli sul grande libro dei fatti accaduti.
Ci sono infine persone che sentono il dovere di lottare per i propri ideali, senza essere dei rivoluzionari armati, ma con lo strumento che più si addice alla loro essenza, con lo strumento con il quale riescono maggiormente a contribuire alla causa. Per questi riuscire a produrre dei reportage o dei progetti, che in modo chiaro e forte, riescano a supportare le istanze della propria lotta diventa una forma di autorealizzazione interiore prima ancora che professionale.
L’ultimo punto citato, in fondo, entra in parte più o meno significativa, su tutti i precedenti, in quanto dentro ognuno di noi c’è, seppur piccolo, un desiderio di emergere ed ottenere dalla società un riconoscimento per i risultati ottenuti.
Perché è importante porsi le domande di cui sopra? Ma soprattutto, perché è importante prendere coscienza rispetto a quali siano i nostri reali desideri rispetto alla fotografia?
Semplicemente perché indagando dentro noi stessi, possiamo eliminare dal nostro percorso di avvicinamento e apprendimento della fotografia, tutte quelle nozioni o concetti che non sono utili al nostro percorso.
Partecipare a dei lunghi ed intensi corsi di fotografia, tenuti da esimi maestri/docenti, specializzati nella fotografia naturalistica, per un fotografo che ha appurato con se stesso, il desiderio di fotografare e documentare la società umana nella sua quotidianità, è tempo perso. Non solo, c’è pure il rischio di instillare una noia e una repulsione alla fotografia.
Stesso dicasi, in modo direttamente inverso, se un fotografo ha preso coscienza del suo desiderio di raccontare il mondo della natura, gli enormi spazi ancora incontaminati o gli effetti dei cambiamenti climatici, non deve perdersi in estenuanti master-class dedicate alla fotografia grafica o alla fotografia di strada.
Quindi il mio semplice consiglio ai giovani fotografi, affamati di nozionismi e scatti, è di fermarsi un attimo, avviare un breve ma intenso percorso introspettivo che li porti a chiarire quale genere fotografico sia più adatto a loro e ai propri sogni, dopo di che ripartire più carichi di prima, con una bella immagine davanti agli occhi, che rappresenta con relativa chiarezza dove siano diretti.
Buone foto a tutti.
La foto inserita nel post è di NordWood Themes da Unsplash.
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Boss molto esaustivo…. grazie
Scattare una foto, gesto a cui non possiamo fare a meno per:
http://sentirsiacasa.altervista.org/perche-scattare-una-foto-lillusione-di-fermare-un-attimo/