Le maschere

Lunedì 27 novembre 2017 | Andrea Sivilotti

Dal vocabolario on line della Treccani:

Màschera

Finto volto, di cartapesta, plastica, legno o altro materiale, riproducente lineamenti umani, animali o del tutto immaginari e generalmente fornito di fori per gli occhi e la bocca; può essere indossata a scopo magico-rituale, bellico, di spettacolo, di divertimento o semplicemente per non farsi riconoscere.

Immagine tratta dal web

Fra tutte le definizioni, quella che mi dato sempre più da pensare è proprio l’ultima: non farsi riconoscere.

Persino i malviventi un tempo non si premuravano di coprirsi il volto anzi, era fonte d’orgoglio mostrarsi e riconoscere poi il proprio ritratto, appeso tra i ricercati di maggior rilievo del settore.
Al contrario, nel susseguirsi delle epoche è diventato sempre più ricercato il desiderio di mimetizzarsi, nascondersi, rendersi invisibile, o quanto meno non riconoscibile.

Questo non accade solo nella malavita, tra i truffatori e i delinquenti, o nelle sceneggiature dei film, ma è diventato un costume comune.

L’ostentazione di un buonismo di facciata nasconde spesso un’anima molto tormentata e nevrotica, che tende a fuggire le proprie responsabilità glissando sull’effettiva coerenza delle proprie idee, nascondendosi dietro a maschere costruite per ogni occasione.

V’è stato un periodo in cui le persone che non riuscivano a sputare in faccia all’interlocutore la propria essenza, ripiegavano sul testo scritto.

Lettere scritte a cuore e mente aperta, dopo aver gettato sul tavolo la maschera di circostanza, per spiegare l’inspiegabile, per raccontare l’irraccontabile.

Oggi le maschere pare proprio che non s’indossino più. Sembra che siano divenute una seconda pelle, anzi pare quasi si diffondano in forma sottocutanea come una terribile e silenziosa malattia, che impossessatasi di ogni parte del nostro corpo, alla fine, riesca a gestirne le sembianze ed i movimenti.

Sui social network, nei siti e blog personali, le persone spesso si raccontano in forma disonesta, falsa, non riconoscibile.
Sono ancora maschere, non più indossate come dicevo, ma entità che si sono appropriate degli utenti e che fanno scrivere e postare loro, testi ed immagini che non gli appartengono.

Pubblicano ciò che la gente vuole leggere, postano ciò che può attirare più “like” possibili, commentano i pensieri altrui cercando il maggior consenso ed approvazione.
L’ho già scritto in passato, ma trovo doveroso ricordarlo, non c’è più il senso del dialogo, del confrontarsi, dell’ascoltare.

O si è “pro” o si è “contro”.
O si è alla moda come i pecoroni o si è contro le mode come i “bastian contrari”, si dice in Friuli.

Manca la voglia di costruire un pensiero proprio, di coltivarlo, di difenderlo, e di perseguirlo coerentemente.

Ed è proprio per fuggire ad una grave incombenza come questa che la maggior parte delle persone ricorre alle maschere.

Le maschere, come dicevo all’inizio, possono essere di vario genere, ci si può nascondere dietro un modo di vestire, dietro uno stile di vita al di sopra delle righe, dietro a delle debolezze come l’alcol o i narcotici, dietro alla violenza, dietro all’indifferenza, o dietro all’omertà. Oppure dietro al populismo tanto di moda negli ultimi tempi, che spesso si raduna dietro a concetti come: “tanto non serve a nulla, son tutti uguali!” oppure “beh! Tanto lo fanno tutti!”.

Quel “tutti” che sotto intende “gli altri”, perché il lui o la lei di turno ovviamente non centrano. E se qualcuno dovesse tirarli in ballo, bè allora basterà loro gettare la maschera ed affermare con occhi supplichevoli: “Ma io non sono così! Mi hanno corrotto, io non volevo…”.

Poiché la colpa, chiaramente, non è mai di chi ha commesso il fatto.
La gente in genere oggigiorno manca di onestà intellettuale.

Non sanno riconoscere prima ed ammettere poi i propri errori, non sanno accettare le critiche e le osservazioni, non sono più capaci di porre rimedio alle proprie malefatte, non sanno chiedere scusa, non hanno più il desiderio di imparare per migliorarsi.

Guccini alcuni anni fa cantava:

Nell’anno ’99 di nostra vita
io, Francesco Guccini,
eterno studente
perché la materia di studio sarebbe infinita
e soprattutto perché so di non sapere niente…

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